Franca Valeri, la lady di ferro del teatro italiano, il 31 luglio compie cento anni. E, con il suo cinismo, “la Franca” starà facendo gli scongiuri per la sinapsi con l'altro centenario delle scene, Gianrico Tedeschi, mancato proprio in questi giorni...
Una delle ultime signore della commedia dell’arte caciarona, Franca Valeri è la cantastorie delle donne italiane, dalla signorina Snob alla signora Cecioni, maschere (ma non troppo) che ha pennellato osservandole nei salotti, a teatro, per strada. Le pescava dalla vita di ogni giorno - e quanto ci ha preso.
Che poi, a dire cento, scatta la sinapsi con la celebre ruota di Iva Zanicchi, dove il pubblico inneggiava al numerone battendo le mani. E un po’ così ha inneggiato il pubblico teatrale che, anno dopo anno, con crescente timore e affetto, ha tenuto per mano Franca Valeri nel suo percorso verso il secolo, quasi proteggendola – se mai l’affetto ha questo potere – dall’inesorabile scorrere del tempo, che per natura qualche colpo lo riserva sempre – figurarsi a una certa età.
E invece Franca ai cento ci è arrivata.
Nata Franca Maria Norsa (Milano, 31 luglio 1920), di famiglia ebraica, giovane raffinata ed elegante, Franca conduce una vita borghese, con frequentazioni equivalenti. Il tempo libero lo passa al Teatro alla Scala, dove ha la folgorazione: l’opera. Vita piena di bellezza, ma anche d’angoscia per le leggi razziali, alle quali sfugge per un soffio grazie a una carta d’identità falsa.
Periodo duro ma foriero d’inventiva, dove Franca evade con il teatro, mettendo in piedi le prime scenette d’ambientazione domestica. Fa ridere, e ne ride lei stessa, che comunque già proviene da una famiglia con un innato senso dell’umorismo, primo terreno fertile per le sue caricature. Nascono così “La signorina Snob”, “Cesira la manicure” e “La Sora Cecioni”, la popolana romana de Roma che sta sempre al telefono con mammà.
Poi, appena finita la guerra, passa dal sofà di casa al palcoscenico vero.
Il primo lavoro teatrale è nel 1947, nei panni di Lea Lebowitz, un’ebrea innamorata del rabbino; entra poi nella compagnia del Teatro dei Gobbi, con Alberto Bonucci prima e Luciano Salce poi, dove conosce anche Vittorio Caprioli, che diventerà anche suo marito. Repertorio satirico, manco a dirlo, che sbarca addirittura a Parigi, dove i Gobbi dividono palco e camerino con Marcel Marceu.
Ma quanta vita c’è in un secolo?
Due guerre mondiali, quattro generazioni, scoperte epocali, affetti che se ne vanno prima di te. Franca l’ha vissuto tutto, questo secolo, attraversando l’arte in lungo e in largo: teatro, cinema, dischi, radio, televisione, fino alla regia operistica. Ha lavorato con i più grandi: Sordi, Totò, Fellini, Manfredi, Lattuada, Asti, Salce, Bramieri, Monicelli.
Le donne spiritose, le più pericolose…
Una capacità di osservazione acuta e disincantata, fintamente distratta, con quell’ironia e quel senso dell’umorismo che la pervadono ancora oggi. Lei però usa il termine “spiritoso”: un po’ vintage, ma così aderente alla sua essenza. Perché – ha detto – "sono le signore spiritose le più pericolose, e non le gatte morte". E a trovarne oggi, di donne così.
Lucida e tranchante anche su temi caldi, una come lei può permettersi opinioni divergenti dalla massa, perché a Franca tutto si concede - e non solo per la veneranda età. Perché Franca è – ed è sempre stata - intelligente e misurata, e a cent’anni puoi dire quello che ti pare, soprattutto se nei novantanove precedenti, in fondo, non hai mai detto una fregnaccia.
Un esempio? La sua presa di posizione sul #MeToo, quando ha risposto placidamente di non fare troppe storie, che alle donne piace vedersi corteggiate, soprattutto da un uomo di potere.
Teatro uber alles.
Ma sopra tutto e sopra a ogni cosa, lui: il Teatro. Quello che l’ha tenuta attiva, di corpo e di spirito. Il lavoro messo davanti anche all’amore per gli uomini, perché l’adrenalina che ti dà l’applauso è linfa vitale, è energia, è l’emozione più grande – ha dichiarato in più di un’occasione.
Lo racconta anche nella sua autobiografia scritta quando aveva 90 anni “Bugiarda no, reticente”, il cui titolo riporta a una frase che le aveva cucito addosso sua madre, per descriverla. Ora potrebbe scriverne un’altra, raccontandoci gli ultimi due lustri, dove non sono mancate novità, perché la Franca ha sempre detto di rifiutarsi di fare la classica vecchia priva di interessi in attesa solo del trapasso.
Quanto sei bella, Franca. Quanto bisognerebbe imparare da una come te. Facciamo ancora qualche giro di ruota, dai. Continueremo ad applaudirti, che di personalità come la tua ne abbiamo ancora bisogno e ne ha bisogno anche lo straordinario mondo del teatro, ultimamente così bistrattato.
Va da sé che non saranno altri cento compleanni, ma ci bastano altri giorni. Cento, mille, quello che sarà. Noi cretinetti proveremo ad attingere dalla tua vita, perché è così che si fa con le vite belle.
Buon compleanno, spiritosona!